© Luca Rotelli

conoscere per rispettare

Misure di tutela da adottare

Sulle Alpi, le attività outdoor (anche dette attività ricreativo-sportive o del tempo libero), nel corso degli ultimi decenni sono aumentate in modo esponenziale e, con loro, anche il numero di praticanti (Fig. 1). A quelle tradizionali come l’escursionismo, l’alpinismo, lo sci alpino, lo sci di fondo, il volo con l’aliante e la canoa, se ne sono aggiunte altre come lo scialpinismo, l’escursionismo con racchette da neve, il freeride, la mountain bike, il rafting, il torrentismo e il parapendio: ormai non c’è stagione dell’anno in cui le persone non trascorrano il tempo libero all’aperto. Il praticante delle attività outdoor, inoltre, grazie ad attrezzature sempre più performanti e a una preparazione fisica sempre migliore, oltre alla possibilità di utilizzare infrastrutture per portarsi in quota, è in grado di raggiungere con sempre maggior frequenza destinazioni che precedentemente gli erano precluse. 

Fig. 1 – Lo scialpinismo è stata la prima attività outdoor ad avere una crescita esponenziale del numero di praticanti, seguita a breve distanza dall’escursionismo da neve e dalla mountain bike, nelle sue diverse forme. Si stima che attualmente il numero di scialpinisti sull’arco alpino sia di circa due milioni (situazione aggiornata al 2019-20) (foto Paul Sodamin).

Gli spazi dove le attività outdoor vengono praticate, sono però nel contempo anche l’ambiente vitale di molte specie animali, alcune delle quali nel corso degli ultimi decenni sono diventate molto rare. La frequentazione massiccia della montagna da parte dell’uomo fa sì che le interazioni con la fauna, e con esse i conflitti che ne scaturiscono, accadano sempre più spesso e riguardino tutti i tipi di ambiente: il bosco, i prati e i pascoli, le pareti rocciose e i corsi d’acqua. Pertanto, dal punto di vista della conservazione della biodiversità, deve essere evitato che le attività del tempo libero siano responsabili della riduzione o della scomparsa di specie che vivono in determinati ambienti: questa attenzione non deve essere rivolta solamente a quelle diventate ormai rare, o in pericolo di estinzione, ma a tutta la biocenosi nel suo complesso.

 

In tutti quei casi in cui si dovessero ravvisare situazioni conflittuali tra la pratica di determinate discipline ricreativo-sportive e la naturale attività delle specie animali presenti negli stessi ambienti, tali da determinare la perdita di vaste superfici di habitat, il peggioramento della condizione dell’individuo e la riduzione del successo riproduttivo, è necessario mettere in atto misure di gestione in grado di attenuare tali conflitti. Grazie agli studi condotti in diverse aree dell’arco alpino nel corso degli ultimi anni, sono comparse diverse pubblicazioni che hanno dimostrato chiaramente la correlazione esistente tra la presenza umana in alcuni ambienti e il peggioramento della condizione degli individui di una determinata specie, fino alla riduzione numerica delle sue popolazioni.

 

Molte di queste conoscenze di base sono poi state utilizzate per sviluppare misure generali di conservazione a favore della fauna, anche se, nel caso specifico, l’effetto concreto non può sempre essere dimostrato: per esempio alla domanda di quale sia il numero di involi forzati che un fagiano di monte può sopportare in inverno ad opera degli scialpinisti, prima che la condizione dell’individuo ne risenta al punto da metterne in pericolo la vita, al momento non può essere data risposta in modo esatto.

 

Anche se attualmente non sono ancora disponibili tutti i dati necessari per comprendere a fondo i meccanismi responsabili nel determinare la gravità di un’azione di disturbo e di produrre una correlazione di tipo quantitativo tra causa ed effetto, disponiamo comunque di esempi sufficientemente documentati, di esperienze e misure di conservazione già in atto in altri paesi, che possono essere usate per affrontare efficacemente la problematica del disturbo antropico causato dalle attività turistiche sulla fauna, anche nel nostro paese. Le misure di tutela attualmente disponibili per ridurre l’impatto delle attività outdoor sulla fauna sono numerose e molto diversificate. Tra quelle più importanti, ricordiamo le seguenti.

 

Informazione e sensibilizzazione

E’ probabilmente l’aspetto più importante di qualsiasi campagna di comunicazione che intenda creare un rapporto consapevole e rispettoso tra uomo e natura (Fig. 2): è fondamentale fornire una informazione dettagliata sulle modalità di vita delle specie animali che vivono in montagna, così come sulla loro distribuzione, sulle loro reazioni alla presenza umana e sulle conseguenze che queste possono avere. Soltanto facendo conoscere i ricercati meccanismi messi in atto dagli animali selvatici per vivere in ambienti spesso inospitali, è possibile sviluppare in chi frequenta la montagna un comportamento consapevole e responsabile: ciò permette infatti di far accettare con maggiore facilità il rispetto delle misure di tutela messe in atto, come ad esempio il divieto di entrare nelle zone di tranquillità e la richiesta di rimanere lungo gli itinerari tracciati. Inoltre, il loro rispetto è possibile soltanto nel caso in cui i praticanti vengano messi nella condizione di poterle individuare facilmente sul territorio: gli itinerari e le zone di tranquillità devono quindi essere marcate chiaramente, in modo da permettere ai fruitori di sapere sempre dove si trovano. Le richieste che stanno alla base dei provvedimenti di tutela devono essere sempre ben circostanziate e motivate: la loro accettazione sarà infatti tanto maggiore, quanto più saremo stati in grado di renderne comprensibile il motivo della loro richiesta. 

Fig. 2 – L’informazione e la sensibilizzazione rappresentano il primo passo per far conoscere a chi va in montagna l’importanza di comportarsi in modo consapevole e rispettoso dell’ambiente in cui pratica la propria attività. L’insegnamento della biologia della fauna alpina e delle conseguenze che la nostra presenza può avere sulla sua esistenza dovrebbero costituire ormai una parte fondamentale di tutti i corsi di avvicinamento alla montagna (foto Italo Tacchi).

Formazione

Insieme all’informazione, riveste un ruolo fondamentale nella creazione di competenze in grado di ridurre l’impatto delle diverse attività umane sugli ambienti delicati di montagna e sugli animali che in essi vivono. La formazione può avvenire nell’ambito di corsi per lo svolgimento di un’attività lavorativa in ambito turistico (guide alpine, maestri di sci), di corsi di introduzione alle diverse attività della montagna (sci, alpinismo, scialpinismo, escursionismo con racchette da neve), organizzati dalle sezioni locali del CAI, della SAT e dell’AVS, oppure per l’ottenimento di un brevetto per la pratica di una determinata disciplina sportiva (parapendio, deltaplano). Quando vengono formate e sensibilizzate categorie di persone, le quali a loro volta sono in grado di trasmettere le proprie conoscenze ad altri, la diffusione di queste informazioni permette di raggiungere velocemente una vasta platea.

 

La conoscenza da sola non è sufficiente per creare nelle diverse categorie di fruitori un comportamento rispettoso nei confronti della natura. Bisogna far leva anche sugli aspetti emozionali, presenti in ciascuno di noi e che spesso devono essere semplicemente risvegliati: soltanto smuovendo la parte più intima di ciascuno di noi, il fruitore accetterà di buon grado il rispetto delle regole. E’ importante accompagnare alla scoperta di animali, piante e ambienti, in modo competente e corretto, coloro che frequentano la montagna, in modo da sviluppare in loro un rapporto profondo con la natura.

 

Regole di comportamento generale

Si tratta di regole di buon senso, che coloro che si recano in montagna dovrebbero già conoscere, come per esempio evitare di fare rumore, rimanere sugli itinerari marcati, rispettare le zone di tranquillità, avere sempre il proprio cane sotto controllo e in caso di necessità tenerlo al guinzaglio, limitare la propria attività alle ore di luce, evitare di trovarsi in giro nelle ore crepuscolari del mattino e della sera, o ancor peggio di notte; durante il volo libero, rimanere sempre a debita distanza dai versanti e dalle creste.

 

Regole di comportamento specifiche per ciascuna attività

Ogni categoria di praticanti ha le sue regole. Per esempio, nella pratica dello scialpinismo, dell’escursionismo con racchette da neve e del freeride, in prossimità del limite superiore del bosco o al di sopra, è consigliabile rimanere ad un’adeguata distanza dalle superfici libere dalla neve e dalle zone rocciose, in quanto zone importanti per la ricerca del nutrimento da parte di molte specie animali; nel bosco invece è raccomandabile utilizzare sempre le strade forestali e i tracciati marcati, per evitare di arrecare danni alla rinnovazione forestale. Per coloro che praticano il parapendio, dopo il decollo, è opportuno allontanarsi il più velocemente possibile dal pendio: il sorvolo deve essere effettuato a non meno di 300 metri dal terreno.

 

Tracciatura e densità della rete viaria e sentieristica

E’ di fondamentale importanza che la costruzione di nuove strade e di sentieri in ambienti naturali venga sempre valutata anche in relazione al possibile impatto che il loro tracciato può avere sulla fauna. Per esempio, al giorno d’oggi non dovrebbe più essere possibile costruire strade forestali, tenendo in considerazione come unico aspetto le attività a cui sono normalmente destinate (taglio ed esbosco del legname, raggiungimento di malghe, ecc). Poiché le nuove strutture viarie vengono utilizzate anche dai praticanti di molte attività ricreative, in una pianificazione moderna e integrata del territorio, è necessario tenere conto anche dell’aumento della frequentazione turistica che la costruzione di queste infrastrutture può causare. Nel caso in cui nuove strade forestali siano assolutamente necessarie, tra i criteri da adottare nella loro pianificazione, vi è sicuramente anche il rispetto di aree rilevanti per il ciclo biologico della fauna: si pensi ad esempio all’importanza delle arene di canto per il gallo cedrone.

 

Istituzione di zone di tranquillità

Le zone di tranquillità vengono istituite ogniqualvolta vengano individuate aree particolarmente importanti per la fauna, dove la presenza umana non è compatibile in nessuna forma, con lo svolgimento delle fasi più delicate del ciclo biologico di una specie: in queste aree le attività outdoor sono completamente proibite o strettamente regolamentate (accesso consentito solo lungo strade e sentieri). Queste limitazioni possono essere ristrette al periodo invernale o a quello riproduttivo, mentre in altri casi possono valere tutto l’anno (Fig. 3). 

Fig. 3 – L’istituzione di zone di tranquillità al giorno d’oggi è di fondamentale importanza per la tutela di molte specie che vivono in montagna. In seguito al numero sempre maggiore di persone che visitano le Alpi, per praticare la loro attività ormai in ogni stagione dell’anno, la loro istituzione non è più procrastinabile. I luoghi che rivestono carattere di unicità per la fauna, come ad esempio le aree di svernamento e quelle di riproduzione, devono rimanere ad esclusivo uso degli animali selvatici

(foto Luca Rotelli).

Tracciatura degli itinerari

Per le attività che non necessitano di infrastrutture per essere svolte, e che quindi permettono ai loro praticanti di muoversi ovunque, come accade con lo scialpinismo e l’escursionismo con racchette da neve, per evitare che il disturbo si distribuisca su superfici eccessivamente ampie, è fondamentale procedere alla tracciatura degli itinerari, mediante la collocazione di cartelli, in modo che il disturbo causato venga in qualche modo limitato ad un buffer ai due lati di tali percorsi (Fig. 4).

Fig. 4 – Cartello che indica la via da seguire lungo un itinerario scialpinistico, nell’ambito della campagna “Freiheit mit Rücksicht” (Libertà con rispetto) del Club Alpino Sudtirolese. In questo modo è possibile garantire la canalizzazione degli scialpinisti, ed evitare che il disturbo si propaghi su aree eccessivamente ampie

(foto Markus Kantioler).

Queste ultime due misure rappresentano la struttura principale delle azioni concrete messe in atto sul territorio da tutte le campagne di cui si è data notizia nella sezione Esempi virtuosi: lo scopo è di garantire la necessaria tranquillità alla fauna nei luoghi a lei imprescindibili, nei periodi più sensibili del suo ciclo vitale, e di circoscrivere l’effetto delle attività che possono essere svolte su ampie superfici, a porzioni limitate di territorio, che si trovano lungo gli itinerari marcati. L’istituzione delle aree di tranquillità, così come degli itinerari marcati, deve essere comunicata nel modo corretto, tanto agli abitanti delle località dove tali misure vengono adottate, quanto ai praticanti delle diverse attività outdoor, che si trovano lì per le loro escursioni. Nelle aree interessate da queste misure, é necessario collocare sul terreno bacheche che informino sull’ubicazione delle zone da tutelare e cartelli che indichino gli itinerari permessi: a questo riguardo bisogna differenziare tra informazione data in loco, che per forza di cose risulta essere essenziale, in quanto promossa per mezzo di bacheche e cartelli, ed un’informazione più approfondita, che dia spiegazioni sul senso e sull’obiettivo dell’iniziativa, promossa attraverso conferenze, distribuzione di brochure, articoli sulla stampa specializzata del settore e così via. Inoltre è importante fornire alcune “Regole di comportamento” da adottare durante l’effettuazione delle escursioni. Tra l’altro, la categoria degli scialpinisti, come diverse indagini hanno evidenziato, accetta solitamente di buon grado tali restrizioni, purché venga spiegato loro il significato di questi provvedimenti. Il rispetto delle misure di tutela consigliate, da parte di chi pratica le attività outdoor, può essere ottenuto esclusivamente facendo leva sulla comprensione e sulla presa di coscienza del problema da parte del singolo individuo. A questo proposito deve essere osservato quanto segue:

  •  l’istituzione di queste zone deve essere sempre motivata da reali condizioni di necessità per la fauna;
  • ogni gruppo di fruitori deve mantenere la possibilità di poter esercitare la propria attività, anche se in forma regolamentata;
  • per coloro che rimangono solo pochi giorni nel luogo di soggiorno, spesso le informazioni apprese dalle bacheche non sono sufficienti per comprendere la tematica. E’ pertanto necessario fornire loro adeguate conoscenze, per esempio in occasione dello svolgimento dei numerosi corsi di avvicinamento e di perfezionamento alle diverse discipline tecniche, organizzate dalle locali sezioni del CAI, della SAT e dell’AVS.


Una maggiore comprensione che favorisca l’accettazione di queste restrizioni può essere raggiunta solo con una campagna di informazione capillare, che cominci ancora prima di partire per la località scelta come luogo dell’escursione. Inoltre è fondamentale che venga protratta nel tempo, così come succede da ormai parecchi anni in tutte le campagne di successo promosse nei diversi paesi dell’arco alpino.


Esempio di come gestire in modo consapevole le attività outdoor invernali

Le attività outdoor invernali, scialpinismo ed escursionismo con racchette da neve, possono essere prese come esempio per illustrare le modalità con cui la presenza umana negli ambienti naturali possa essere gestita e regolamentata, con lo scopo di ridurre il suo disturbo sulla fauna. Trattandosi di attività che non hanno bisogno di infrastrutture per essere praticate, possono essere svolte ovunque, permettendo di raggiungere luoghi anche molto sperduti, finora rimasti completamente indisturbati. Inoltre d’inverno, la presenza del manto nevoso uniformemente distribuito sul terreno consente agli appassionati di queste discipline di avere una grande libertà d’azione, potendo ciascuno scegliere il proprio itinerario, rispetto a quanto succede, per esempio, in estate. Tali caratteristiche fanno sì che il disturbo provocato dalla loro pratica possa facilmente estendersi su ampie superfici, arrivando ad interessare anche le aree di svernamento fondamentali per il superamento della fase invernale da parte della fauna. Anche il freeride condivide alcune di queste caratteristiche con lo scialpinismo, da cui si differenzia per il fatto che la salita è normalmente effettuata con l’aiuto dei mezzi di risalita.


Per cercare di ridurre il disturbo causato da queste attività, è possibile sviluppare delle misure di gestione, che si basano sull’informazione, sulla sensibilizzazione e sul legame dei praticanti di queste attività a determinati itinerari e al rispetto delle zone di tranquillità. Le indicazioni riportate qui sotto, si ispirano a quelle messe in atto in tutte le più importanti campagne di informazione e sensibilizzazione, ormai in essere da oltre trent’anni in diversi paesi dell’arco alpino. Il primo passo consiste nel coinvolgimento di tutti i gruppi di interesse, che hanno un rapporto con la problematica. Nelle esperienze condotte all’estero, le iniziative di cui si è parlato, sono caratterizzate da una estrema trasversalità degli attori coinvolti. Per quanto riguarda l’Italia, si ritiene che la creazione di un gruppo di lavoro debba comprendere i rappresentanti delle seguenti categorie (in ordine alfabetico):

  • aree protette
  • associazioni agricoltori
  • associazioni ambientaliste
  • associazioni guide alpine
  • associazioni venatorie
  • comuni
  • enti turistici
  • proprietari terrieri
  • servizi caccia
  • servizi conservazione della natura
  • servizi forestali
  • sezioni locali del CAI, della SAT e dell’AVS

 

Questa pluralità garantisce che tutti gli interessi vengano presi in considerazione in modo equo.

Nelle zone utilizzate intensivamente per lo scialpinismo e per l’escursionismo con racchette da neve, dove siano state riportate ripetutamente situazioni conflittuali, il compito dei gruppi locali di lavoro è quello di trovare una soluzione condivisa. In base alle conoscenze locali della pratica di queste attività e alla documentazione circa la presenza di aree di svernamento delle specie maggiormente interessate dal disturbo antropico, quest’ultima messa a disposizione dagli enti che si occupano di aspetti faunistici a livello istituzionale, le informazioni disponibili vengono incrociate per individuare le aree di conflitto. Le conoscenze di base possono essere così riassunte:

  • cartina degli itinerari scialpinistici conosciuti e loro frequentazione;
  • cartina delle aree di svernamento di fagiano di monte e gallo cedrone;
  • cartina delle aree di svernamento di cervo, camoscio e stambecco;
  • cartina dei boschi di protezione.


Sulla base di queste informazioni è quindi possibile individuare le zone di conflitto e le possibili soluzioni: tutte queste conoscenze vengono riassunte in una cartina dove vengono indicate le aree più sensibili, dove istituire le zone di tranquillità, in cui gli animali non devono essere disturbati per nessun motivo, e tracciati gli itinerari scialpinisti che non entrano in conflitto con la fauna.


La cartografia così approntata, dovrebbe quindi essere resa disponibile su portali appositamente dedicati, per una facile consultazione, accessibile a tutti. Inoltre il risultato di questo lavoro dovrebbe essere riportato anche su un’apposita cartografia cartacea, così come viene fatto in Svizzera e in Germania. In mancanza di questi strumenti, sarebbe importante che tali informazioni apparissero almeno sulle numerose guide riguardanti gli itinerari scialpinistici e per l’escursionismo con racchette da neve, che vengono pubblicate annualmente (Fig. 5). Tuttavia, in una recensione condotta su 39 manuali, soltanto in 3 casi il tema del rispetto della fauna durante la pratica di queste attività è stato trattato in modo esaudiente, in 7 la questione è stata esposta in modo del tutto insufficiente, mentre in 29 la tematica non è stata assolutamente affrontata.

Fig. 5 – In mancanza di portali e di cartine in formato cartaceo su cui sia possibile consultare gli itinerari scialpinistici e per l’escursionismo con racchette da neve e le zone di tranquillità da rispettare, le numerose guide di queste attività, che annualmente vengono pubblicate, potrebbero diventare un mezzo importante di divulgazione: la realtà è però ben diversa (vedi testo) (foto Luca Rotelli).

Sul territorio, affinché le zone di tranquillità e i tragitti consentiti possano essere individuati facilmente, devono essere marcati con opportuna cartellonistica, posizionata in modo essenziale: è costituita da bacheche informative, che devono essere poste all’inizio degli itinerari più frequentati, su cui sono riportate le zone di tranquillità individuate, gli itinerari scialpinistici che non entrano in conflitto con la fauna e le informazioni più importanti dell’iniziativa. Lungo l’itinerario invece vengono posizionati i cartelli che indicano il tragitto da seguire: questi ultimi di solito vengono collocati dove ci sono le migliori opportunità di salita e di discesa, con lo scopo di incanalare il flusso dei praticanti. Va comunque precisato che i cartelli che indicano la direzione di marcia non stanno a significare che gli itinerari marcati di salita e di discesa sono sicuri in relazione al pericolo di valanghe e ad altri rischi naturali, in quanto tale valutazione sta sempre alla responsabilità di ogni persona. Sarebbe inoltre importante sviluppare una grafica omogenea delle bacheche e dei cartelli in modo da consentire il riconoscimento e, con esso, l’identificazione immediata della campagna.

 

Quando ci si trova in bosco, al fine di facilitare la permanenza di scialpinisti ed escursionisti lungo determinati itinerari, è possibile aprire dei corridoi al suo interno, attraverso il taglio di alcune piante, in modo da rendere più attrattivo il percorso, specialmente in discesa: ciò permette di concentrare il disturbo prodotto da queste attività in un ambito circoscritto. Si tratta di una soluzione che è stata già proposta sia in Provincia di Bolzano, sia in diverse campagne austriache, con buoni risultati.

 

Si ritiene che tutte queste indicazioni, almeno nella fase attuativa iniziale, dovrebbero essere proposte su base volontaria, piuttosto che su divieti, cercando di far leva sulla comprensione e cooperazione dei praticanti delle diverse attività ricreativo-sportive. Non è comunque da escludere che in futuro, nel caso in cui questo approccio non dovesse dare i risultati attesi, potranno essere imposti dei divieti da parte delle autorità competenti, e che le zone di tranquillità potranno essere istituite in base a disposizioni legislative. In questo senso è fondamentale che i rappresentanti dei gruppi d’interessi lavorino in collaborazione con gli enti preposti, per trovare di volta in volta soluzioni condivise e accordi durevoli nel tempo.

 

E’ importante comunque ribadire che il successo di queste iniziative dipende in gran parte dal senso di responsabilità dei principali attori, ovverosia i fruitori degli ambienti naturali, siano essi scialpinisti, escursionisti con racchette da neve, freerider o altri ancora.

 

La sempre maggiore richiesta di natura da parte dell’uomo, come la pandemia ha ampiamente dimostrato, porterà in futuro ad acuire l’impatto delle nostre attività all’aria aperta sulla vita degli animali selvatici. Dobbiamo essere in grado di fornire soluzioni semplici, rapide ed efficaci atte a garantire anche in futuro, sia la pratica delle numerose attività del tempo libero, importanti per il benessere psico-fisico dell’uomo, sia la tutela degli ambienti in cui esse hanno luogo e il rispetto delle esigenze primarie della fauna. Questo significa anche essere pronti, di tanto in tanto, a fare un passo indietro e a sapere accettare qualche piccola rinuncia: quale miglior soddisfazione potremmo desiderare, sapendo di vivere la montagna secondo natura.

© Albert Mächler