© Albert Mächler

tetraonidi

Fagiano di monte (Lyrurus tetrix)

Descrizione

Il fagiano di monte o gallo forcello è caratterizzato da un evidente dimorfismo sessuale, anche se meno vistoso che non nel gallo cedrone, almeno per quanto riguarda le dimensioni, in cui il maschio ha un piumaggio di colore prevalentemente nero con riflessi bluastri, presenti soprattutto nella zona del collo e del dorso. E’ caratterizzato da barre alari bianche, maggiormente visibili durante il volo, e da una piccola macchia bianca sul bordo anteriore dell’ala. Le penne esterne della coda hanno una tipica forma a lira e, quando sono tenute aperte e verso l’alto, come durante le parate, mettono in mostra il sottocoda bianco (Fig. 1). Sopra gli occhi sono presenti escrescenze carnose, particolarmente evidenti durante il periodo riproduttivo, dette caruncole: ha un’apertura alare di 85-90 cm ed un peso che oscilla tra i 1100 e i 1400 grammi. La femmina ha un piumaggio decisamente più criptico, di colore bruno-rossastro, caratterizzato da barrature bruno-nerastre, con una sottile barra alare bianca visibile in volo, e una coda leggermente forcuta. Ha dimensioni più contenute rispetto al maschio, con un’apertura alare di 65 cm ed un peso che oscilla tra gli 850 e i 1000 grammi (Fig. 2).

Fig. 1 – I maschi di fagiano di monte hanno un piumaggio di colore prevalentemente nero con riflessi bluastri, presenti soprattutto nella zona del collo, del dorso e del groppone. Sono caratterizzati da barre alari bianche, maggiormente visibili durante il volo, e da una piccola macchia bianca sul bordo anteriore dell’ala. Le penne esterne della coda hanno una tipica forma a lira e quando sono tenute aperte e, verso l’alto, durante il periodo riproduttivo, mettono in mostra il sottocoda bianco. Qui due maschi si fronteggiano durante il mese di maggio (foto Albert Mächler).

Fig. 2 – Le femmine hanno un piumaggio decisamente più criptico, di colore bruno-rossastro, caratterizzato da barrature bruno-nerastre, con una sottile barra alare bianca visibile in volo, e una coda leggermente forcuta (foto Roberto Viganò).

Il canto del maschio è caratterizzato da un’alternanza di soffi e di rugolii (per ascoltarlo clicca qui sotto), quest’ultimi simili al tubare dei colombi ed udibili in giornate senza vento anche a più di un chilometro di distanza. Con l’eccezione di luglio ed agosto, ed in pieno inverno (dicembre e gennaio), mesi in cui i maschi di solito non emettono alcuna vocalizzazione, nel resto dell’anno possono essere individuati tramite il loro canto. Le femmine, invece, emettono un verso simile al chiocciare della gallina domestica, ma più metallico (udibile nella prima parte dell’audio), tipicamente utilizzato per richiamare e radunare i loro pulcini e per indicare situazioni di pericolo.

 

I tetraonidi pur non potendo essere considerati degli abili volatori, come per esempio i rapaci, possono comunque effettuare lunghi spostamenti in volo, in particolar modo il fagiano di monte e la pernice bianca. Per esempio, quando un fagiano di monte viene fatto involare e si butta in picchiata lungo un pendio ripido, può anche raggiungere i 90 km/h, su brevi distanze. 

Ambiente

Il fagiano di monte frequenta la fascia in prossimità del limite superiore del bosco durante tutto il corso dell’anno, anche in inverno, quando le condizioni ambientali diventano decisamente inospitali (Fig. 3). Sulle Alpi e sulle Prealpi italiane la sua distribuzione coincide in gran parte con quella della vegetazione ad arbusti nani. La larghezza di questa fascia è determinata in gran parte dalle specie forestali presenti: è più ampia dove c’è il larice, che permette un’abbondante sviluppo della vegetazione arbustiva, e più stretta dove il limite del bosco è costituito dall’abete rosso, in quanto dà vita a formazioni più dense, chiuse e dai margini netti. A seconda del settore geografico, essa si colloca ad un’altitudine compresa tra i 1400-1500 metri e i 2200-2300 metri. La maggior parte delle osservazioni proviene comunque dalla zona compresa tra i 1700 ed i 2100 metri.

 

In ambiente alpino il suo habitat elettivo è costituito dal limite superiore dei boschi di conifere, in particolar modo di larice e d’abete rosso, a cui localmente si può aggiungere il pino cembro e il pino mugo. Sulle Prealpi invece esso è costituito dalle latifoglie, in particolar modo dal faggio, con presenza di sorbo degli uccellatori e ontano verde.

 

Più che la composizione specifica del bosco è importante la sua struttura: il fagiano di monte predilige infatti boschi aperti che permettono lo sviluppo delle associazioni ad arbusti nani, costituite prevalentemente da rododendro, mirtillo nero, mirtillo di palude, mirtillo rosso, ginepro, erica, uva ursina e sorbo camemespilo, specie che offrono cibo e protezione almeno fintanto che il terreno non è ricoperto dalla neve (Fig. 4).

Fig. 3 – Mentre la maggior parte delle specie d’uccelli che vivono in montagna, durante il periodo invernale compie lunghe migrazioni verso latitudini più meridionali, per sottrarsi ai rigori della cattiva stagione, i tetraonidi continuano a frequentare le zone montane, compiendo al massimo delle migrazioni verticali lungo il gradiente altitudinale. Il fagiano di monte frequenta la fascia in prossimità del limite superiore del bosco durante tutto il corso dell’anno, dove rimane anche in inverno, quando le condizioni ambientali diventano decisamente inospitali
(foto Luca Rotelli).

Fig. 4 – Tipico ambiente frequentato dal fagiano di monte, durante tutto il corso dell’anno. La foto, scattata in autunno, fa risaltare, con i suoi diversi colori, la diffusione delle ericacee: mirtillo nero, mirtillo di palude e rododendro, sono tra le specie di maggior interesse alimentare per questo tetraonide in tutte le stagioni. Il fagiano di monte necessita di un mosaico di habitat diversi, strettamente interconnessi tra loro, in grado di assicurare in poco spazio nutrimento e un’adeguata protezione contro i predatori e gli agenti atmosferici (foto Luca Rotelli).

Alimentazione

Contenuto di sostanze nutritive, digeribilità e rendimento nella raccolta sono i fattori che determinano la scelta del nutrimento da parte del fagiano di monte. Gli adulti sono essenzialmente vegetariani, anche se durante l’estate qualche insetto viene ingerito. Nel periodo invernale, compreso tra novembre e aprile, si alimentano prevalentemente di gemme di rododendro, di rametti di mirtillo nero, di bacche di ginepro, almeno fintantoché la neve non ricopre in modo continuo il terreno (Fig. 5). Quando la vegetazione arbustiva non è più raggiungibile, i fagiani passano allora ad un’alimentazione arboricola, cibandosi soprattutto di rametti di larice, aghi di abete rosso e pino cembro, amenti maschili di ontano verde e gemme di sorbo degli uccellatori. Con l’arrivo della primavera, in maggio e giugno, la dieta comincia di nuovo ad essere maggiormente diversificata e più digeribile, con l’ingestione di fiori e dei nuovi aghi di larice, germogli e fiori di piante erbacee. In estate vengono preferiti i fiori delle composite e delle leguminose, gli acheni dei ranuncoli o altri frutti secchi e bacche, in particolar modo quelle di mirtillo nero, mentre in autunno bacche e frutti secchi diventano preponderanti nella dieta, insieme alle foglie di mirtillo di palude.

 

La dieta dei pulcini, durante le prime due, tre settimane di vita, si basa invece in larga parte su invertebrati. Particolarmente importanti risultano essere cavallette, coleotteri e le larve di diversi insetti. All’aumentare dell’età, aumenta anche l’importanza della componente vegetale ingerita. Il fatto che i pulcini inizialmente si nutrano in gran parte di insetti, quindi di proteine animali, dipende dalla maggiore digeribilità di queste ultime rispetto ai vegetali: in questo modo possono crescere più rapidamente.

Fig. 5 – Gemme di rododendro beccate da un fagiano di monte (indicate dalle frecce rosse): esse vengono di solito preferite alle foglie. Fin quando le ericacee fuoriescono dalla neve, allora esse costituiscono la parte rilevante della sua alimentazione anche nel periodo invernale, in quanto caratterizzate da un elevato contenuto di sostanze nutritive e da una relativamente buona digeribilità. Nel momento in cui tale nutrimento non è più disponibile a causa del manto nevoso, allora il fagiano di monte si alimenta in pianta, preferendo le gemme e i rametti di larice (foto Luca Rotelli).

Comportamento e riproduzione

Il fagiano di monte, anziché formare delle coppie, ha un sistema di accoppiamento così detto promiscuo, in cui pochi maschi sono responsabili della maggior parte degli accoppiamenti. I rituali di corteggiamento, che hanno luogo in primavera (dalla metà di aprile alla metà di giugno con un picco intorno alla metà di maggio), iniziano tra le 4.00 e le 5.00 del mattino, per protrarsi normalmente fino a circa le 7.00-7.30. Sono tenuti in luoghi, conosciuti con il nome di arene di canto: si tratta di aree solitamente aperte, situate in posizioni dominanti e che costituiscono dei luoghi tradizionali d’incontro, spesso mantenuti per più generazioni (Fig. 6). Il sistema riproduttivo di questa specie prevede che i maschi in primavera diano vita a dei gruppi numerosi, costituiti anche da diverse decine di individui. Con elevate densità di popolazione (>5 maschi/km2), ancora oggi sulle Alpi si possono osservare arene di canto con più di 10 maschi, mentre in passato potevano ospitare gruppi fino a 30-40 individui. Tuttavia questa caratteristica oggi è propria solo di quelle popolazioni non sottoposte ad alcuna pressione venatoria e che vivono in aree non interessate da un forte sviluppo turistico. Di fatto attualmente la maggior parte dei maschi in primavera canta solitaria sui luoghi di parata, indicando che le condizioni in cui si trovano le popolazioni di fagiano di monte attualmente non sono ottimali.

 

Durante il periodo centrale degli amori, i maschi che visitano l’arena difendono dei territori di dimensioni comprese tra alcune decine ed alcune centinaia di metri quadrati. Cercano di attirare le femmine, attraverso un complesso rituale comportamentale abbinato a manifestazioni vocali tipiche: il rugolio e i soffi. Il corteggiamento consiste in energici movimenti delle ali che segnalano visivamente ed acusticamente l’esatta posizione dei maschi in parata, spesso accompagnati dai soffi, e nel rugolio (il canto vero e proprio) che serve all’informazione generica dei conspecifici di ambo i sessi e alla stimolazione sessuale delle femmine. Nel canto con il capo tenuto in avanti, vengono messe in mostra soprattutto le penne bianche del sottocoda che contrastano con le nere timoniere a lira tenute aperte a ventaglio (Fig. 7), creando un segnale ottico ben visibile anche in condizioni di scarsa luminosità, come alla mattina presto, e le caruncole irrorate di sangue, che si trovano appena al di sopra degli occhi. Le femmine frequentano le arene di canto esclusivamente nel periodo in cui sono feconde, per non più di 3-4 giorni, generalmente durante il mese di maggio. Normalmente una femmina si accoppia una sola volta per mattinata, potendo però ritornare per più giorni consecutivi in arena (Fig. 8).

Fig. 6 – Il fagiano di monte è conosciuto soprattutto per le sue parate nuziali, che si svolgono durante il periodo primaverile, con un culmine di solito compreso tra l’inizio e la fine di maggio, a seconda della quota e dell’innevamento. Esse si svolgono in luoghi conosciuti con il nome di arene di canto: si tratta di aree solitamente aperte, situate in posizioni dominanti e che costituiscono dei luoghi tradizionali d’incontro, spesso mantenuti per più generazioni. Ciò permette di farsi notare dai propri conspecifici anche a notevole distanza e al contempo di individuare per tempo l’arrivo dei predatori. In questa immagine un’arena con 10 maschi, molto al di sopra del limite del bosco (foto Luca Rotelli).

Fig. 7 – Nel canto con il capo tenuto in avanti, vengono messe in mostra soprattutto le penne bianche del sottocoda che contrastano con le nere timoniere a lira tenute aperte a ventaglio, creando un segnale ottico ben visibile anche in condizioni di scarsa luminosità, come alla mattina presto, e le caruncole irrorate di sangue, che si trovano appena al di sopra degli occhi (foto Giovanni Pelucchi).

Fig. 8 – Le femmine frequentano le arene di canto esclusivamente nel periodo in cui sono feconde, generalmente per non più di 3-4 giorni, durante il mese
di maggio. Normalmente una femmina si accoppia una sola volta per mattinata, potendo però ritornare per più giorni sul luogo di parata. In questa immagine è stato ripreso il momento dell’accoppiamento: un evento non così facile da documentare nel caso del fagiano di monte (foto Albert Mächler).

Circa 10 giorni dopo essere stata fecondata, la femmina comincia a deporre le uova. La nidificazione avviene sul terreno, in una depressione rivestita da fili d’erba, ben nascosta tra la vegetazione. Il nido viene di solito costruito alla base di una pianta in rinnovazione oppure tra la vegetazione arbustiva a mirtillo nero e rododendro, alta almeno 40-50 cm. Depone tra 4 e 9 uova, al ritmo di un uovo ogni 26-30 ore, e pertanto la deposizione di tutte le uova si protrae per circa una decina di giorni. Il periodo di incubazione dura tra 24 e 28 giorni (in media 26): la cova comincia dalla deposizione dell’ultimo uovo, in modo che i pulcini nascano tutti allo stesso momento. La schiusa della maggior parte dei nidi si verifica nelle prime due settimane di luglio, mentre schiuse alla fine di giugno e dopo la metà di luglio sono più rare.


Appena nati i pulcini pesano circa 24-26 grammi: abbandonano immediatamente il nido, per iniziare, guidati dalla chioccia, lunghi spostamenti giornalieri alla ricerca di nutrimento, che nelle prime settimane di vita è costituito esclusivamente da insetti. Durante le prime 3 settimane di vita i pulcini non sono in grado di regolare autonomamente la propria temperatura corporea e risultano essere molto vulnerabili alle condizioni atmosferiche. In caso di cattivo tempo sono allora costretti a trascorrere molto tempo al riparo della femmina. Ciò limita la possibile ricerca del nutrimento, con conseguenze negative per la loro sopravvivenza. Con temperature di 10-12 °C i pulcini di pochi giorni di vita possono rimanere attivi solo pochi minuti prima di doversi far riscaldare dalla femmina. Il pulcino appena nato può nutrirsi del contenuto del sacco vitellino fino al 3° giorno, strategia determinante per la sopravvivenza dei pulcini in caso di maltempo nei primi giorni dopo la schiusa. Per poter permettere una buona sopravvivenza dei giovani, e per consentir loro di raggiungere un adeguato sviluppo prima dell’arrivo dell’inverno, è necessario pertanto che il periodo della schiusa coincida con la fase più calda e più ricca di nutrimento dell’estate e che allo stesso tempo si collochi il più presto possibile. Periodi prolungati di freddo, soprattutto se accompagnati da precipitazioni piovose, oltre a limitare l’attività dei pulcini, inibiscono lo sviluppo e l’attività degli invertebrati che per i pulcini diventano più difficili da reperire. Nel fagiano di monte, ma anche nel gallo cedrone, i maschi hanno dimensioni maggiori delle femmine: i pulcini maschi devono quindi crescere più velocemente delle femmine e necessitano di più cibo. In caso di condizioni atmosferiche avverse, o con scarsa disponibilità di nutrimento, i maschi sono soggetti in generale ad una maggiore mortalità rispetto alle femmine. Le nidiate rimangono unite fino a fine settembre, prima metà d’ottobre, quando i giovani cominciano ad allontanarsi progressivamente dalla loro madre, per andare alla ricerca di nuovi territori. In questa fase, detta di dispersione, sono le femmine a percorrere le distanze maggiori.


In natura il fagiano di monte può vivere fino a 5-6 anni (l’età massima conosciuta sulle Alpi per un maschio è di 8 anni e 8 mesi, mentre nell’ambito di un progetto promosso dal Parco Naturale Veglia-Devero un maschio e una femmina sono stati seguiti fino all’età di 5 anni, prima che il collare si esaurisse), ma normalmente è difficile che un fagiano di monte viva più di 2-3 anni. La principale causa di mortalità naturale è la predazione, dovuta sia a rapaci (aquila reale, astore e gufo reale), sia a carnivori, soprattutto la volpe. A questa dobbiamo aggiungere quella antropica, dovuta all’attività venatoria e all’impatto contro i cavi di linee aree, quali ski-lift, seggiovie e linee elettriche.


Per gli aspetti riguardanti la sua ecologia invernale si rimanda alla sezione “Come vive la fauna d’inverno – tetraonidi.

 

Conseguenze della presenza umana

Il fagiano di monte è molto sensibile ai disturbi, soprattutto in inverno, durante il periodo riproduttivo e in quello dell’allevamento dei giovani. In occasione di incontri inaspettati, come ad esempio quelli con scialpinisti ed escursionisti, tende a fuggire in volo (vedi video qui sotto): in inverno ciò ha delle ripercussioni energetiche negative importanti sull’individuo. Una volta disturbati dai loro luoghi di riposo, trascorrono il resto della giornata all’aperto, tipicamente appollaiati su di un albero, esposti al freddo e al vento (ciò che richiede un aumento dei costi energetici): nel caso in cui questi disturbi dovessero ripetersi frequentemente, la conseguenza è un considerevole indebolimento degli uccelli. 

A seguito di questi involi forzati, non essendo uccelli dotati di una grande manovrabilità durante il volo è facile che vadano ad impattare contro i cavi degli impianti di salita e delle linee elettriche, mentre disturbi durante la cova, possono facilmente causare l’abbandono e la conseguente perdita del nido. L’aumento delle attività outdoor e lo sfruttamento antropico sempre maggiore nelle zone al limite superiore del bosco rappresentano una grossa minaccia per le popolazioni di fagiano di monte.


Stato di conservazione

Secondo la Lista Rossa IUCN degli uccelli nidificanti in Italia (Gustin et al., 2019), il fagiano di monte è considerato in pericolo (EN). La specie attualmente è cacciabile. Le cause di regressione delle sue popolazioni e della contrazione dell’areale possono essere così riassunte:

  • perdita, deterioramento e frammentazione dell’habitat, a causa sia di processi naturali, come risultato del cambiamento nell’uso del territorio, sia delle numerose attività antropiche ormai svolte nei suoi habitat;
  • disturbo antropico dovuto ad attività turistiche diverse (comprensori sciistici e attività outdoor);
  • prelievo venatorio;
  • cambiamenti climatici;
  • pascolamento intensivo;
  • aumento della predazione.

© Luca Rotelli

DSCN0253 Luca Rotelli