© Albert Mächler

roditori

Marmotta (Marmota marmota)

Descrizione
La marmotta è un roditore di grosse dimensioni, dotata di una lunga coda, fittamente ricoperta di pelo, ma non così folta come quella degli altri appartenenti alla famiglia degli sciuridi, come lo scoiattolo e il ghiro. Ha un corpo tozzo e arrotondato, soprattutto alla fine dell’estate, quando ha ormai accumulato abbondanti riserve di grasso per affrontare il letargo invernale (Fig. 1): tuttavia può essere molto veloce e agile, come quando si tratta di ritirarsi nella sua tana, in seguito all’apparire di un pericolo. Non vi sono differenze sostanziali tra maschi e femmine, mentre i giovani possono essere riconosciuti come tali almeno per un paio d’anni. Poiché durante il lungo letargo invernale non assume nutrimento, il suo peso è soggetto a grosse variazioni, passando dai circa 6 kg alla fine dell’estate, ai 3 kg quando esce dal letargo. Il corpo della marmotta ha una forma particolarmente adatta per vivere in tana: è relativamente piatto, il muso, dotato di lunghi peli tattili (vibrisse), è corto come pure le orecchie; le zampe anteriori e posteriori sono anch’esse corte, robuste e dotate di unghie non affilate. Il mantello ha una colorazione grigio-marrone, fino a rossastra: la schiena è più scura rispetto ai fianchi, il torace così come la punta della coda sono invece nerastri. Come tutti i roditori, anche la marmotta ha due coppie di incisivi molto sviluppate, a crescita continua.

 

Ha una lunghezza testa-coda di 45-58 cm, una lunghezza della coda di 14-20 cm e un peso compreso tra i 3 e i 6 kg, senza una differenza apprezzabile tra i sessi. Tutti gli organi di senso sono particolarmente sviluppati: la vista è buona, in quanto deve permettere l’individuazione dei predatori intorno alle tane. L’olfatto lo è particolarmente e da una parte serve per indirizzare la scelta del nutrimento e dall’altra per il riconoscimento intraspecifico: i componenti del nucleo familiare, i vicini e gli individui estranei vengono riconosciuti in questo modo. Le marmotte, come del resto tutti i roditori, hanno numerose vibrisse, concentrate soprattutto intorno al naso e sul muso, oltre che sugli avambracci: grazie al loro utilizzo possono orientarsi convenientemente nella più completa oscurità all’interno delle tane. I richiami che le marmotte emettono, sebbene sembrino dei fischi, in realtà sono delle grida. Vengono prodotte con la laringe e non con le labbra. Gli individui che emettono questo segnale, lo fanno stando in posizione eretta e con la bocca aperta. Si riconoscono due tipi di richiamo: il lungo “fischio” isolato e la sequenza di brevi fischi che rapidamente perdono di intensità. Con il primo le marmotte comunicano l’avvicinarsi di un pericolo molto grave: molto spesso viene emesso all’apparire di una minaccia dal cielo, come per esempio all’arrivo di un’aquila, in quanto il suo attacco è di solito improvviso e molto veloce. I fischi in serie vengono emessi in particolar modo all’avvicinarsi di minacce da terra, che vengono individuate con un certo anticipo, come nel caso dell’arrivo di una volpe, di turisti o di cani liberi e di solito vengono associati ad un pericolo di minor intensità.

Fig. 1 – La marmotta ha un corpo tozzo e arrotondato, soprattutto alla fine dell’estate, quando ha ormai accumulato abbondanti riserve di grasso per affrontare il letargo invernale. Non vi sono differenze sostanziali tra maschi e femmine, mentre i giovani possono essere riconosciuti come tali almeno per un paio d’anni, in quanto decisamente più piccoli (foto Albert Mächler).

Ambiente

Presente ovunque sull’arco alpino italiano, la marmotta frequenta una fascia altitudinale compresa tra i 1400-1500 e i 2600-2700. Tipicamente la si trova nelle praterie d’altitudine al di sopra del limite superiore del bosco, la cui quota può variare notevolmente a seconda del settore geografico in cui è presente (Fig. 2). La si può comunque trovare anche nei lariceti radi e nei pascoli al di sotto del limite superiore del bosco. Può arrivare a vivere fin nella zona degli sfasciumi e dei ghiaioni, a quote anche superiori ai 2400-2500 m. Predilige i versanti esposti a sud, in quanto in primavera si liberano prima dalla neve, facilitando così il veloce sviluppo della vegetazione erbacea e l’apertura delle tane. Va alla ricerca di aree con tipologie di terreno che le consentono di scavare tane sufficientemente profonde e di avere abbondante nutrimento a disposizione. Inoltre è stato riscontrato come la marmotta preferisca aree ad orografia dolce, che le permettono di avere una buona visuale, dovendo in questo modo evitare di investire troppo tempo nell’individuazione dei predatori.

 

Alimentazione

La sua alimentazione è costituita essenzialmente da erbe, radici e semi, ma occasionalmente può predare anche le uova dei nidi di uccelli che nidificano sul terreno e i loro nidiacei. Non essendo un ruminante deve selezionare, in funzione della digeribilità, il tipo di alimento: questa è la ragione per cui sono privilegiate le parti vegetali più tenere ed in particolare i fiori. Tuttavia nel momento in cui esce dal letargo è anche possibile che per i primi tempi si debba accontentare delle erbe secche dell’estate precedente.

 

La marmotta, non immagazzinando in tana provviste da utilizzare durante l’inverno, nel corso della breve estate deve accumulare sufficienti riserve di grasso, in modo da poter sopravvivere al lungo letargo invernale. Verso la fine della stagione estiva, quando l’attività principale è costituita prevalentemente dalla ricerca di nutrimento, le marmotte raggiungono i valori ponderali più elevati: in questo periodo ingeriscono anche 1-1,5 kg di vegetali freschi al giorno. Questo consente loro di accumulare una notevole quantità di grasso, che costituisce circa il 20% del loro peso corporeo, da utilizzare poi durante il letargo.

 

Fig. 2 – La marmotta frequenta una fascia altitudinale compresa tra i 1400-1500 e i 2600-2700. Tipicamente la si trova nelle praterie d’altitudine al di sopra del limite superiore del bosco, arrivando fin nella zona degli sfasciumi e dei ghiaioni. La si può comunque trovare anche nei lariceti radi e nei pascoli al di sotto del limite superiore del bosco. Predilige i versanti esposti a sud, in quanto in primavera si liberano prima dalla neve, permettendo così il veloce sviluppo della vegetazione erbacea (foto Luca Rotelli).

Comportamento e riproduzione
La marmotta ha una vita sociale molto spiccata (Fig. 3). Vive in gruppi familiari con un numero di componenti, compreso tra 2 e 20. Ogni nucleo è composto da una coppia dominante di individui adulti e dalla sua discendenza, che può essere costituita dai giovani di uno o più anni. Il motivo per cui la marmotta dà vita a così grosse famiglie è che i giovani, a causa della brevità della stagione estiva, hanno bisogno di 2-3 stagioni per raggiungere il peso corporeo di un adulto. Differentemente da quanto succede negli altri mammiferi, dove il rapporto sesso alla nascita è paritario, nelle marmotte nascono più maschi che femmine. L’importanza dei giovani maschi è che contribuiscono in modo rilevante, all’interno del loro nucleo familiare, a riscaldare le giovani sorelle durante il letargo. Sopravvivere 6-7 mesi in letargo facendo leva solamente sulle riserve di grasso è già molto sfibrante per gli individui adulti, il cui peso può arrivare anche a 6 kg: per gli individui giovani, il cui peso è solo di 1,5 kg, è estremamente complicato. Essi non sono in grado di sopportare basse temperature come gli adulti e sopravvivono solo grazie al fatto di venire riscaldati dai componenti più vecchi presenti. Questo importantissimo compito è eseguito soprattutto dal padre e dai giovani fratelli. Durante la bella stagione il comportamento tra i diversi componenti del nucleo familiare è molto amichevole: si salutano dandosi dei colpetti al naso e si puliscono reciprocamente il mantello. Tuttavia gli individui adulti che non appartengono alla famiglia, vengono scacciati dal territorio, se necessario anche con mezzi cruenti. Mentre la femmina dominante si preoccupa soprattutto dell’allevamento dei giovani, il compito dei maschi è quello di sorvegliare il territorio e di marcarlo attraverso dei segnali odorosi lasciati in punti dominanti. A questo scopo viene utilizzato un secreto prodotto dalle ghiandole guanciali che si trovano tra gli occhi e le orecchie. Durante il controllo dei confini del proprio territorio, la cui superficie è compresa tra i due e i tre ha, il maschio effettua anche una marcatura ottica muovendo su e giù la propria coda.

 

Il periodo degli accoppiamenti comincia in aprile, subito dopo il letargo e ha luogo prevalentemente all’interno della tana. Dopo una gravidanza di circa 33-34 giorni, verso la fine di maggio vengono dati alla luce, all’interno della tana, da due a sette piccoli, in media quattro: alla nascita pesano circa 30 g e sono ciechi, sordi, nudi e senza denti. Verso il quinto giorno di vita compare una fitta peluria, all’incirca tra il ventesimo e il venticinquesimo giorno di vita aprono gli occhi e subito dopo cominciano a svilupparsi gli incisivi. I piccoli rimangono fino al quarantesimo giorno di vita nel giaciglio all’interno della tana, dove vengono allattati. Quando escono dalla tana, pesano circa 250 grammi e devono aumentare velocemente di peso, dal momento che in ottobre comincerà il lungo letargo invernale. Poiché la bella stagione dura poco, i giovani hanno bisogno diversi anni, prima di raggiungere il peso degli adulti. Già nel corso del mese di luglio il loro peso arriva a 600 grammi, per raggiungere circa i 1500 grammi poco prima di cominciare il letargo (Fig. 4). Dopo il secondo letargo, i giovani pesano circa 2400 grammi, che rappresenta l’80% del peso degli adulti. Una volta raggiunto il completo sviluppo fisico, comincia la fase della dispersione, che tutti i giovani, indipendentemente dal sesso, affrontano. Nel momento in cui un giovane trova un territorio libero, aspetta l’arrivo di un partner sessuale, per dar vita con questo ad una nuova famiglia. Il successivo letargo rappresenta per questi individui un momento particolarmente duro, poiché nella nuova tana sono al massimo in due.

Fig. 3 – Le marmotte hanno una vita sociale e familiare molto spiccata. Vivono in gruppi familiari con un numero di componenti, compreso tra 2 e 20. Ogni nucleo familiare è composto da una coppia dominante di individui adulti e dalla sua discendenza, che può essere costituita dai giovani di uno e più anni (foto Albert Mächler).

Fig. 4 – I giovani di marmotta quando escono dalla tana pesano circa 250 grammi e devono aumentare velocemente di peso, dal momento che in ottobre comincerà il lungo letargo invernale. Poiché la bella stagione dura poco, essi hanno bisogno diversi anni, prima di raggiungere il peso degli adulti. Già nel corso del mese di luglio il loro peso arriva a 600 grammi, per raggiungere circa i 1500 grammi poco prima di cominciare il letargo (foto Albert Mächler).

Letargo

I piccoli mammiferi hanno grossi problemi nell’affrontare il periodo invernale, che in montagna è caratterizzato da fredde temperature e dalla scarsità di nutrimento: in queste condizioni risultano essere particolarmente in difficoltà, in quanto a causa delle piccole dimensioni, il rapporto tra superficie e volume corporeo è sfavorevole. Ciò fa sì che essi disperdano più calore verso l’ambiente esterno e debbano quindi usare più energia per grammo di peso per mantenere elevata la loro temperatura: la soluzione migliore a questo problema è la rinuncia momentanea dell’elevata temperatura del corpo attraverso il letargo.

 

La preparazione del letargo comincia con largo anticipo: il giaciglio invernale viene preparato già nel corso dell’estate, portando erba secca. I gruppi familiari senza piccoli dell’anno entrano in letargo già nella seconda metà di settembre, mentre quelli con i piccoli si rifugiano nelle tane solo in ottobre, per dar modo ai giovani di accumulare ulteriori riserve di grasso. Tutti i membri di un gruppo familiare dormono stretti l’uno all’altro all’interno della camera di ibernazione. Attraverso questo stretto contatto corporeo, l’inizialmente sfavorevole rapporto superficie-volume di ciascun individuo migliora sensibilmente. In questo modo, a parità di volume, viene esposta al freddo una superficie inferiore, cosa che consente di ridurre la dispersione di calore all’ambiente circostante: ciò permette di mantenere passivamente più a lungo, e a un livello più alto, il calore corporeo. Durante il letargo la frequenza cardiaca viene ridotta a 3-4 battiti al minuto, così come la respirazione che cala a 2-3 respiri al minuto, mentre l’attività metabolica si riduce al 3-5% del livello estivo. La temperatura corporea inoltre viene fatta scendere fin quasi al punto di congelamento ed il valore raggiunto è tanto più in basso quanto più acidi grassi essenziali (acido linoleico e alfa linoleico) vengono assunti con il nutrimento durante l’estate. Comunque anche nel più profondo torpore del letargo, le marmotte sono ancora in grado di percepire le variazioni di temperatura: se quella ambientale cala oltre un valore minimo, possono riscaldarsi velocemente. Ad intervalli regolari di 12 giorni, il letargo viene interrotto. Inizialmente si riteneva che ciò fosse dovuto alla necessità di espellere gli escrementi e l’urina, mentre oggi si pensa che ciò permetta di mantenere funzionante il cervello e il sistema immunitario. Le fasi di risveglio dei membri del gruppo familiare sono sincronizzate, al fine di ridurre al minimo la perdita di energia. Alla fine del letargo invernale gli animali hanno perso tra il 30 e il 50% del loro peso corporeo.

 

Tana

Le tane in cui le marmotte vivono, vengono scavate e accudite da tutti i componenti del gruppo familiare, con eccezione dei giovani nati. Vi lavorano tutta l’estate e il completamento di una tana ampia e adatta a trascorrere il letargo, con molti ingressi e ampi terrazzini di terra, è il lavoro di diverse generazioni. Il territorio di ciascun gruppo familiare è contraddistinto dalla presenza di numerosi buchi, tuttavia non tutti conducono ad una tana: molti di loro infatti sono solo dei brevi cunicoli senza alcuno sbocco, che servono alle marmotte in caso di pericolo e terminano per lo più dopo appena un metro, le cosiddette tane secondarie o di fuga. In questi tunnel né la volpe né l’aquila, i principali predatori della marmotta, vi possono entrare. Le tane principali sono più strutturate e hanno di solito diversi ingressi, sono tipicamente esposte a sud e dispongono di un sistema di tunnel con innumerevoli ramificazioni e camere di diverse dimensioni, che a loro volta possono avere più ingressi. Le tane che si trovano ad una profondità inferiore a 1,5 m non sono assolutamente adatte a trascorrervi l’inverno, in quanto si raffreddano troppo. In quelle principali le camere d’ibernazione si possono trovare fino ad anche 7 m di profondità e fanno registrare durante tutto l’anno una temperatura compresa tra i 5 e i 10 °C, indipendentemente dalle condizioni dell’ambiente esterno. Prima di entrare in letargo tutti gli ingressi alla tana vengono chiusi accuratamente con un tappo fatto di terra, erba ed escrementi, cosa che permette loro non solo di ripararsi dalle basse temperature, ma anche di impedire l’entrata dei piccoli predatori e dei micro roditori.

 

Conseguenze della presenza umana

Durante l’estate la marmotta è molto sensibile alla presenza umana. Vivendo sempre in prossimità della tana, se questa si trova nelle vicinanze di un sentiero, il disturbo antropico ha come conseguenza che la marmotta si rifugi per più tempo all’interno dei suoi cunicoli, a discapito dell’attività di ricerca alimentare: ciò può compromettere l’accumulo delle necessarie riserve di grasso, fondamentali per trascorrere indenne il letargo. L’impatto dell’escursionismo e della mountain bike sul suo ritmo giornaliero, è determinato in gran parte dai tracciati, densità e distribuzione dei sentieri che si trovano in una determinata zona. Se in qualche modo la specie è in grado di adattarsi ad una forma di disturbo che si presenta sempre nello stesso modo, per esempio escursionisti che rimangono sui sentieri marcati: diverso è il caso di quelle persone che si allontanano da loro, cercando itinerari alternativi. In questa situazione le distanze di reazione aumentano considerevolmente, cosa che succede anche con gli escursionisti accompagnati dal cane:  in quest’ultimo caso anche se tenuto al guinzaglio e sul sentiero la reazione è sempre più violenta che nelle altre circostanze.

 

Il contenuto di questa sezione è tratto dai seguenti articoli della serie Wildbiologie:

  • Alpenmurmeltier (Beat Naef-Daenzer, 1983);
  • Alpenmurmeltier – Sozialverhalten und räumliche Verteilung (Beat Naef-Daenzer, 1985);
  • Der Winterschlaf des Alpenmurmeltieres (Walter Arnold, 2010);
  • Das Alpenmurmeltier (Annette Barkhausen, 2012).

© Luca Rotelli

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