© Albert Mächler 

aspetti faunistici

Adattamenti e strategie
della fauna in inverno

Il superamento della fase invernale rappresenta il momento più difficile nella vita di un animale di montagna. In ambiente alpino infatti, l’inverno rappresenta un importante elemento selettivo, sia per le basse temperature e l’abbondante coltre nevosa, sia per la mancanza di nutrimento sufficientemente ricco dal punto di vista energetico. La fauna, nel corso della sua evoluzione, ha sviluppato diverse strategie per ridurre al minimo il fabbisogno di energie. Tra queste ricordiamo:

  • un mantello o un piumaggio particolarmente fitto, in grado di isolare perfettamente dall’ambiente esterno;
  • la ricerca di luoghi ben riparati o di cavità;
  • un riscaldamento passivo alla luce del sole;
  • la riduzione del movimento, che permette di risparmiare energia;
  • la diminuzione della temperatura corporea e della frequenza cardiaca.

Grazie a tali adattamenti, un fagiano di monte o un camoscio sono in grado di vivere abbastanza agevolmente in queste condizioni, a patto però di poter godere della massima tranquillità e di poter usufruire a proprio piacimento dell’ambiente che li circonda. Erbivori, come lo stambecco e il camoscio, accumulano abbondanti riserve di grasso durante l’estate, che possono costituire anche il 20% del peso dell’animale all’inizio dell’inverno e che utilizzano poi durante i periodi più sfavorevoli. Per i piccoli animali invece, e tra questi gli uccelli, non è possibile accumulare sufficienti quantitativi di grasso. Per tale motivo essi vengono ben presto esauriti durante i periodi più difficili se non possono essere reintegrati con l’assunzione continua di nutrimento: pertanto le riserve di grasso di una pernice bianca in inverno durano appena due giorni. Per non morire di fame essa deve riempire il proprio gozzo almeno una volta al giorno.

Per comprendere le strategie che la fauna alpina ha sviluppato nel corso della sua evoluzione per superare i rigori dell’inverno, prenderemo ad esempio due gruppi di animali. Per quanto riguarda gli uccelli, descriveremo gli adattamenti sviluppati dalle quattro specie che fanno parte della famiglia dei tetraonidi, in quanto rappresentano quanto di più specializzato ci sia nel modo animale per affrontare le difficoltà della stagione invernale. Considerando la loro distribuzione lungo il gradiente altitudinale a partire dal basso sono: il francolino di monte, il gallo cedrone, il fagiano di monte e la pernice bianca (Fig. 1).

 

Mentre tra i mammiferi considereremo le strategie e gli adattamenti degli erbivori ruminanti. Si tratta di ungulati di medie e grandi dimensioni che in montagna comprendono le seguenti specie: il capriolo, il cervo, il camoscio e lo stambecco (Fig. 2)

Fig. 1 – Distribuzione dei tetraonidi lungo il gradiente altitudinale sulle Alpi. Dal basso verso l’alto: francolino di monte, gallo cedrone, fagiano di monte e pernice bianca. Gli ambienti frequentati dalle quattro specie si sovrappongono in parte: soprattutto per quanto riguarda il gallo cedrone e il francolino di monte, verso le quote inferiori, e tra il gallo cedrone e il fagiano di monte verso il limite superiore del bosco. Solo la Pernice bianca, frequentando gli ambienti decisamente al di sopra dei 2000 metri di quota, si isola in modo netto dalle altre specie 

(foto Marzio Barelli, Giovanni Pelucchi e Luca Rotelli).

Fig. 2 – Distribuzione degli ungulati lungo il gradiente altitudinale sulle Alpi. Dal basso verso l’alto: capriolo, cervo, camoscio e stambecco. Gli ambienti frequentati dalle quattro specie si sovrappongono in parte: soprattutto per quanto riguarda il capriolo e il cervo, verso le quote inferiori, e tra il cervo e il camoscio verso il limite superiore del bosco. Un’elevata sovrapposizione altitudinale vi è anche tra il camoscio e lo stambecco alle quote più alte (foto Albert Mächler e Luca Rotelli).

© Luca Rotelli