© Luca Rotelli

attività outdoor

Quali sono i fattori che rendono la fauna
sensibile alle attività outdoor

La frequentazione turistica della montagna al giorno d’oggi è diventata un fenomeno di massa che interessa tutte e quattro le stagioni, con un picco in estate e in inverno. La maggior parte delle attività viene ancora svolta di giorno, ma è sempre maggiore il numero di quelle che vengono condotte nelle ore crepuscolari e in quelle notturne. Se molte attività outdoor prevedono che i loro praticanti si muovano sul territorio rimanendo su itinerari marcati (per esempio l’escursionismo estivo e in gran parte la mountain bike), vi sono comunque sempre più discipline, che non avendo bisogno di alcuna infrastruttura per essere praticate, possono essere svolte ovunque. Tra queste ultime si possono annoverare soprattutto le discipline della neve, come lo scialpinismo, il freeride e l’escursionismo con racchette da neve, ma anche l’orienteering e il parapendio, che possono essere svolti in stagioni diverse. Per la fauna però il potenziale disturbo delle attività outdoor, così dette a basso impatto ambientale, in quanto non necessitano di infrastrutture per essere praticate e quindi possono aver luogo ovunque, è particolarmente elevato. I motivi che le rendono particolarmente impattanti possono essere così riassunti:

  • la fauna non è in grado di adattarsi a forme di disturbo imprevedibili;
  • il numero delle attività outdoor e dei loro praticanti è aumentato in modo esponenziale nel corso degli ultimi 30 anni;
  • la distribuzione altitudinale delle attività outdoor si sovrappone totalmente a quella della fauna che vive in montagna (Fig. 1);
  • la frequentazione degli ambienti naturali da parte dell’uomo con le sue attività ricreative avviene ormai durante tutto il corso dell’anno, andando a interferire con le fasi più sensibili del ciclo biologico delle diverse specie animali (Fig. 2).

Fig. 1 – Distribuzione altitudinale di alcune specie animali, delle attività outdoor di terra e della caccia. Lo svolgimento delle diverse attività del tempo libero si sovrappone totalmente con la presenza delle diverse specie soprattutto nella fascia compresa tra i 1.000 e i 2.500 m. I valori devono intendersi come approssimativi. La colorazione grigio scuro si riferisce alla distribuzione principale delle specie, quella grigio chiaro invece alla loro presenza sporadica (da Ingold, 2005).

Fig. 2 – La frequentazione degli ambienti naturali da parte dell’uomo con le sue attività ricreativo-sportive avviene ormai durante tutto il corso dell’anno, andando a interferire con le fasi più sensibili del ciclo biologico della fauna. Per il periodo di caccia è stato preso come esempio il Trentino (da Ingold, 2005).

Il risultato è che un numero sempre maggiore di persone frequenta gli ambienti naturali in modo del tutto imprevedibile per la fauna: il disturbo è maggiore in certi periodi dell’anno, come ad esempio in inverno e durante il periodo riproduttivo, e in certi periodi della giornata, come nelle ore crepuscolari e durante la notte. La natura della fauna è caratterizzata da un timore ancestrale nei confronti dell’uomo. Gli animali selvatici temono l’uomo soprattutto per la sua indole di cacciatore: pertanto non essendo in grado di distinguere tra uomini cacciatori e uomini non cacciatori, per loro ogni uomo è un presunto cacciatore e costituisce così una minaccia.

 

Per questo motivo, l’attività della fauna, nello spazio e nel tempo, è dettata non solo dalla necessità di avere a disposizione aree dove poter andare alla ricerca di nutrimento e potersi riprodurre, ma anche dalla ricerca di porzioni di territorio che non vengono utilizzate dall’uomo o che lo sono soltanto in particolari periodi del giorno o dell’anno.

 

Gli animali nel corso della loro evoluzione hanno comunque saputo sviluppare specifici comportamenti, che consentono loro di adattarsi, almeno fino ad un certo punto, alle diverse forme di disturbo causate dall’uomo: per esempio andando alla ricerca di zone indisturbate, quando quelle normalmente frequentate non lo sono. Oppure si possono abituare a determinate forme di disturbo, continuando a frequentare certe zone nonostante la presenza umana, in quanto hanno imparato che questi disturbi non sono pericolosi. In ogni caso l’abituazione si può verificare soltanto quando il disturbo si presenta in una forma prevedibile e calcolabile per gli animali. Disturbi che invece non possono essere previsti possono ripercuotersi in modo diverso sugli animali: questo va da una immediata reazione di fuga, a un evidente cambiamento del comportamento spazio-temporale, fino al peggioramento della condizione dell’individuo, alla riduzione del successo riproduttivo e alla diminuzione della popolazione.

 

Quando analizziamo il possibile impatto delle attività outdoor sulla fauna, oltre a considerare la loro imprevedibilità, dobbiamo anche pensare che molto spesso vengono svolte simultaneamente sul territorio: in questo modo l’effetto di ciascuna di loro va a sommarsi a quello delle altre. Per esempio, durante la stagione invernale gli scialpinisti sono soliti iniziare prima le loro escursioni, rispetto a quanto facciano gli escursionisti con racchette da neve. Di contro, questi ultimi sono di ritorno anche molte ore dopo gli ultimi scialpinisti. In estate gli escursionisti cominciano a muoversi di buon’ora, mentre gli appassionati di mountain bike sono soliti partire a orari più tardi: tuttavia questi ultimi ritornano a valle molto dopo i primi. Il risultato è che gli ambienti in cui vive la fauna sono spesso interessati dalla presenza umana per tutto il periodo del giorno e a volte anche per parte della notte (pensiamo ad esempio alle ciaspolate notture).

 

Alla luce delle esperienze maturate fino ad ora, è possibile stimare il livello di disturbo e quindi l’impatto di una attività outdoor sulla fauna. Il suo effetto può essere particolarmente forte nel caso in cui l’attività:

  • venga esercitata al di fuori di itinerari marcati;
  • venga praticata su ampie superfici;
  • venga svolta con mezzi aerei particolarmente manovrabili e capaci di volare in prossimità dei versanti e dei rilievi;
  • venga prodotto un forte rumore, sia a terra sia nell’aria;
  • venga praticata durante un periodo particolarmente sensibile per la fauna nel corso dell’anno, come ad esempio nel periodo riproduttivo o durante la fase dello svernamento, o in momenti particolarmente delicati della giornata, come ad esempio alla mattina presto o alla sera tardi, quando gli animali sono impegnati nella ricerca del nutrimento.

 

Il disturbo arrecato alla fauna è il risultato degli effetti di tutte le attività outdoor esercitate in una determinata area. Generalmente non è che gli animali all’apparire della prima attività durante la giornata si ritirino in un luogo appartato, mentre le attività che appaiono successivamente non hanno più alcun effetto su di loro: pensiamo per esempio ai momenti del ciclo biologico in cui una specie è particolarmente sedentaria, come gli uccelli durante il periodo della cova, sui quali tutti gli avvenimenti che si manifestano in un determinato raggio intorno a loro, non possono essere evitati e possono quindi avere un potenziale impatto negativo. Ciò che succede attualmente è che ad ogni orario del giorno, e in qualche caso anche della notte, e su superfici sempre più ampie di territorio, si svolgono molteplici attività contemporaneamente: in questo modo gli animali vengono condizionati dal disturbo delle attività outdoor anche in periodi cruciali del loro ciclo vitale, in cui non sono in grado di sopportare alcun stimolo esterno. Quanto detto risulta essere particolarmente evidente, quando confrontiamo la distribuzione altitudinale e quella stagionale delle attività outdoor, con la distribuzione altitudinale e quella stagionale delle fasi più sensibili del ciclo vitale delle diverse specie (periodo riproduttivo e fase di svernamento). Da questo confronto emerge quanto segue:

  • la sovrapposizione in tutte le fasce altitudinali delle attività outdoor, con gli habitat di mammiferi e uccelli presenti;
  • la concentrazione di molte attività outdoor durante il periodo riproduttivo e nella fase di svernamento;
  • la massiccia presenza durante il periodo invernale di attività di terra in grado di avere un impatto su ampie superfici (scialpinismo, escursionismo con racchette da neve e freeride);
  • la sovrapposizione di alcuni sport invernali con l’inizio del periodo riproduttivo di diverse specie d’uccelli (tetraonidi);
  • la concentrazione di determinate attività, come ad esempio l’arrampicata nelle sue diverse forme, in luoghi circoscritti (pareti rocciose), nel periodo riproduttivo di diverse specie di uccelli;
  • il raggruppamento delle attività nei pressi e sui corsi e specchi d’acqua nel periodo riproduttivo di alcune specie d’uccelli e in parte anche dei pesci.

 

I contenuti di questa sezione sono tratti in parte dal libro di Paul Ingold “Freizeitaktivitäten im Lebensraum der Alpentiere” (2005).

© Markus Stadler

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